The Most Anxious Generation Goes to Work
Diversi ex studenti e alunni mi hanno inviato un link a questo provocatorio articolo del Wall Street Journal: “The Most Anxious Generation Goes to Work.” Sinceramente ho apprezzato e concordato con molti dei loro commenti, che potrebbero essere facilmente riassunti come: “Queste persone ovviamente non sono mai state in CIMBA!”
Normalmente, un sincero, privato “Grazie” sarebbe stata la mia risposta – tieni la testa bassa, non scuotere la barca accademica, il successo dei nostri studenti è la dichiarazione più chiara del nostro impatto (e la nostra più grande ricompensa). Ma questa volta, con l’ardente e implacabile incoraggiamento di molti di questi alunni, ho trovato difficile rimanere passivamente ai margini: sono fiducioso che molti di voi che hanno beneficiato dell’esperienza CIMBA sono molto propensi a dire: “Finalmente!”
Parlando direttamente con questi brillanti studenti, ho riletto l’articolo come un’ulteriore triste ritratto del perché il focalizzarsi sul mero insegnamento e sulla filosofia dell’apprendimento nelle attuali “business school” debba essere rivisto – SE siamo veramente impegnati a sviluppare i leader di domani. Ma dovremmo veramente porci questa domanda iniziandola con un SE?
La tecnologia sta chiaramente rendendo chi sei molto più importante di quello che sai.
Il pensiero critico e le abilità comportamentali stanno piano piano superando la “conoscenza tecnica”, in ogni business e in ogni giorno lavorativo.
Nel nostro viaggio, nei nostri sforzi per sostenere lo sviluppo personale dei nostri studenti, abbiamo posto (e continueremo a porre) la nostra massima attenzione sulla parte deò “chi sei”. Per questo specifico motivo, abbiamo iniziato a esplorare i potenziali contributi della neuroscienza nel 1997; il coaching individuale nel 2001; il LIFE nel 2005; il Neuroleadership Institute nel 2007; la consapevolezza nel 2008; e la tecnologia di supporto allo sviluppo personale nel 2011. È un processo focalizzato sullo sviluppo degli studenti che continua ancora oggi ed è il nostro principale e basilare credo.
Gli ostacoli persistenti che abbiamo incontrato lungo la strada – e, purtroppo, continuano ad palesarsi in troppi circoli accademici – sono indicativi dell’ormai antiquata focalizzazione sull’apprendimento che ha dominato l’era del “knowledge worker” nel recente passato:
- Sviluppo delle Soft Skills: “Facciamo assiomi, teoremi, formule e principi qui. Non ci sporchiamo le mani con quel materiale didattico”(scuola SEC, direttore MBA)
- Neuroscienze: “Perché stai mettendo così tanto impegno nello studio del cervello? Non è solo un’altra questione alla moda? “(Big-12 Business School Dean)
- Coaches: “Cosa insegnerebbero, dove pubblicherebbero, e come potrebbero ottenere il mandato?” (Big-10 Business School Dean)
- Consapevolezza: “Funzionerebbe meglio se tutti cantassimo Kumbaya?” (Professore di leadership riconosciuto)
- LIFE: Non sei preoccupato che il programma LIFE farà sentire male gli studenti [che stanno lavorando per superare abitudini personali e interpersonali improduttive e insalubri]? (Professore di gestione)
Eppure tutte queste risorse per l’apprendimento sono al centro di importanti esigenze di sviluppo del “Socially Sensitive Worker” del presente e lo saranno ancora di più nel prossimo futuro. In che modo saranno soddisfatte tali esigenze? Chi si assumerà la responsabilità del loro sviluppo?
O meglio, su chi sarà trasferita o spostata questa responsabilità di default? Saranno i più capaci a farsene carico? Sarà troppo tardi o troppo presto nel processo di sviluppo dei lavoratori, e in entrambi i casi il costo sarà proibitivo o l’insegnamento molto più difficile da implementare o entrambi?
Abbiamo visto fin dall’inizio un importante collegamento tra il coaching e il benessere mentale degli studenti.
Abbiamo incoraggiato le scuole a considerarli seriamente come parte del curriculum, suggerendo che, per offrire opportunità di coaching a prezzi accessibili, forse potevano lavorare con il dipartimento di psicologia (che sembrerebbe aver bisogno di “clienti” per esercitare il proprio mestiere). Ci è stato detto che tale cooperazione “è troppo difficile, troppo complicata, e inoltre non lavoriamo bene insieme”.
Purtroppo, come chiarisce l’articolo, avremo quel “coaching” ora nelle business schools, ma entrerà dalla porta sul retro, probabilmente con un’accezione negativa, posta sotto forma di consulenza per la salute mentale – e temo che ce ne sarà abbastanza per barrare la casella “fatto” e trasmettere “tranquillamente” tutto all’industria più velocemente di quanto suggerisca l’articolo.
Perché non possiamo fare lo sforzo di affrontare il problema offrendo risposte ad una base più ampia? Il pensiero critico e le abilità comportamentali sono saliti al gradino più alto della scala dei bisogni di sviluppo, praticamente in ogni settore.
Cosa accadrebbe se il coaching giovasse a tutti gli studenti e fosse anche il mezzo per moderare la crisi del benessere mentale che oggi stiamo affrontando? Potrebbe fare la differenza nelle decisioni di fare o non fare coaching?
L’articolo parla del concetto di sicurezza psicologica sul posto di lavoro come se fosse una cosa nuova. Sviluppato nel 2005, il LIFE ha lo scopo di creare un ambiente di sicurezza psicologica – in modo tale che i partecipanti possano sentire e sperimentare ciò che realmente accade, e non leggere o studiare al riguardo in un libro o sentirne parlare da un professore o un formatore.
Permette ai partecipanti di toccare con mano le stesse preoccupazioni al centro dell’articolo del Wall Street Journal: paure, ansie, risentimenti, angosce, vergogne, imbarazzi che stanno seriamente tenendoli al palo. Permette loro di esplorare la validità di quei pensieri e sentimenti, perché la scoperta personale più comune è che le ipotesi generate dal cervello su come guardiamo gli altri e su come gli altri ci vedono sono completamente false, irragionevoli, senza dati obiettivi. Come possiamo fingere di affrontare efficacemente questi problemi attraverso un libro o un istruttore quando abbiamo saputo per più di 5 decenni che applicare una soluzione tecnica (conoscenza) a un problema adattivo (qui nell’articolo, gestire l’ansia) non porta a modificare i comportamenti? E mai lo farà.
Dato che sia le business school che l’industria percorrono una strada per trovare una soluzione tecnica unidimensionale, basata sulla conoscenza e senza promuovere il cambiamento comportamentale, continueranno a rimanere bloccati in un ciclo di iniziativa, priorità, affaticamento e irrilevanza.
Risciacqua e ripeti. Se non fosse per il fatto che stiamo parlando di salute e benessere degli studenti, leader di domani e futuri colleghi di lavoro, potrebbe essere più facile voltare le spalle, rimanere in laboratorio, concentrarsi sui nostri studenti e augurare loro buona fortuna con quel tipo di apprendimento antiquato. Non è forse giunto il momento di considerare seriamente fino a che punto i nostri problemi di benessere mentale sono la sfortunata conseguenza di una carenza di sforzi in un serio e mirato sviluppo personale, sforzi focalizzati sul cambiamento comportamentale a sostegno di “chi sei”?
Segnali di pericolo, di spazi sicuri e di ambienti artificiali in cui il sentirsi male può essere evitato e la crescita personale e lo sviluppo ostacolati, rachitici, trascurati o semplicemente ignorati? Per quanto possiamo continuare a credere in modo significativo che non è di fondamentale importanza per il successo in tutti i campi della vita?
Anche se rifiutassimo completamente l’idea che esiste una relazione tra il benessere mentale degli studenti e gli sforzi di sviluppo personale, l’attuale enfasi sull’apprendimento è fortemente rivolta alla formazione dei nostri giovani su come elaborare parole, numeri e simboli. Quelle abilità erano esattamente ciò che era necessario nell’era del Knowledge Worker del recente passato. Ma in questo momento, nell’epoca del Socially Sensitive Worker, si limita a prepararli a essere sostituiti da un computer, un robot o una macchina. Il luogo di lavoro di questa nuova era nascente richiede capacità più profonde, essenzialmente umane, le abilità dell’interazione umana, dell’empatia e della formazione di relazioni sociali produttive.
Limitare o evitare sforzi per lo sviluppo personale non contraddicono il buon senso?
Una risposta parziale potrebbe essere che una revisione così radicale del pensiero e dell’enfasi dell’apprendimento non verrà trovata probabilmente in un modo facile, specialmente a causa delle istituzioni la cui struttura o condizione potrebbe essere messa in pericolo? È giusto chiedersi se le nostre risorse, tecnologie e filosofie di insegnamento e formazione stiano rispettando il tasso di cambiamento così evidente nell’ambiente di lavoro di oggi?
O non riusciamo a riconoscere le abilità veramente più preziose per le nostre organizzazioni e comunità? All’interno del mondo accademico, perché continuiamo a credere che mettere gli studenti in team offrendo “opportunità di apprendimento esperienziale” senza un coaching comportamentale e sensoriale possa risolvere magicamente abitudini comportamentali personali e interpersonali improduttive, non creative e insalubri? Perchè continuiamo a sotto-finanziare le iniziative delle risorse umane in questa direzione, costringendole a una mentalità da “check-the-box” piuttosto che a una mentalità da “fatto-funziona”? E chi soffre di più a causa di questi approcci limitati dal punto di vista dell’audacia in termini di apprendimento e sviluppo?
L’elenco è lungo ….
Dr. Al H. Ringleb
Founder and President of CIMBA Italy
Articolo originale a questo link