Natale, Canzoni e Neuroscienze
Una riflessione del Dr. Al H. Ringleb, fondatore di CIMBA e del NeuroLeadership Lab sul Natale e sulle canzoni Natalizie, su come cantare tutti insieme faccia bene non solo al morale ma anche al nostro cervello.
Buona lettura!
Sono intonato, ma non so cantare. Ho scoperto quanto pessimo sia a cantare quando ho perso all’ improvviso l’udito dall’orecchio sinistro qualche anno fa. Se avete mai canticchiato qualcosa tappandovi un orecchio con la mano, capirete di che cosa sto parlando. Magari eravate anche intonati, ma vi è sembrato forse di sentire Elvis, Bono, Rossi o Baglioni? Decisamente no. Eppure non vi ha fatto sentire bene? Non tanto il suono che avete sentito, ma cantare in sè.
Ieri sera abbiamo decorato il nostro albero di Natale. Distratti dai Mondiali, stavolta non abbiamo messo in sottofondo nessuna musica natalizia. Ma la gioia del momento ha fatto si che ci siamo presto trovati a cantare insieme le nostre canzoni natalizie preferite – non tanto la gioia data dai Mondiali, da cui l’Italia è assente e quindi non so nemmeno se si possano definire ufficiali, ma più quella di essere lì a decorare l’albero, insieme al pensiero dei nostri amici e dei momenti in famiglia che stanno per arrivare. Di nuovo, suonava come Baglioni? No, ma ci ha fatto stare bene!
E così, forse in maniera troppo prevedibile, lo scienziato che è in me si è chiesto: perché? Perché cantare e, in particolare, cantare insieme ci fa sentire così bene (e questo anche senza un bicchiere di vino, che, devo ammettere, male non fa)?
Da una prospettiva neuroscientifica, è facile dire “perché, in quanto esseri umani, siamo programmati per essere sociali”. I nostri antenati lo hanno fatto per millenni. Riunirsi intorno ad un falò per cantare e ballare insieme è parte di qualunque usanza ancestrale da noi conosciuta. Tuttavia, questa semplice risposta solleva una domanda più profonda: cos’è che li ha spinti a cantare insieme? È stato il loro bisogno di socialità a spingerli a cantare insieme o è il cantare insieme che li ha spinti ad essere sociali?
Ho iniziato a chiedermi in che modo il canto influenzi il cervello. Sicuramente cantare bene non è legato a nessuna dinamica di sopravvivenza del più forte. Allora quali circuiti vengono attivati e qual è la conseguenza di tale attivazione? Mi è quindi tornato in mente un articolo scientifico che avevo letto in passato: questo stimolo cerebrale che ci attiva e ci motiva avviene solo in quelli che effettivamente cantano. Anche se ascoltare il canto di qualcun altro attiva dei circuiti mentali, si tratta perlopiù di un processo passivo di riconoscimento mentale, che si protrae per un periodo di tempo ridotto e viene spazzato via dalla prossima cosa che cattura la nostra attenzione.
Ma che cosa scopriamo nel LIFE? Scopriamo che chiunque altro è intimidito e spaventato dal parlare in pubblico, proprio come noi; e che non moriremo per un discorso pubblico. E la sensazione scaturita dal superamento di queste paure consiste in un picco di ossitocina, una sensazione ricorrente in team forti che, in quanto tali, riescono a conseguire grandi obiettivi. La ricerca mostra chiaramente che anche voi potete creare un’esperienza LIFE mettendo insieme alcuni dei vostri amici più stretti (tra i quali è consigliato inserire anche degli sconosciuti) e cantando a squarciagola tutti insieme. Però, come nel LIFE, non è permesso essere un osservatore passivo: dovete cantare!
È questa solo una mia teoria? Andiamo ad osservare che cosa dice il maggiore esperto di socialità, il Professor Robert Dunbar:
Lo [studio] ha mostrato che anche se sia quelli che cantavano e sia quelli che non cantavano si sono sentiti ugualmente connessi alla fine dello studio, coloro che cantavano hanno stabilito un legame molto più velocemente, che anche un mese dopo era ancora molto più forte rispetto a quello stabilito da chi non cantava [Pearce, E., Launay, J., & amp; Dunbar, R. I. (2015). The Ice-Breaker Effect: Singing mediates fast social bonding. Royal Society Open Science, 2(10), 150221].
È doveroso aggiungere che lo studio ha rilevato che l’esperienza di unione provata da coloro che cantavano non ha alterato i livelli di beta-endorfina, un indicatore del nostro livello di sofferenza. E sì, alcuni di noi possono rendere il canto un’esperienza piuttosto spiacevole per gli altri. Tuttavia, la vicinanza e l’unione sono gli obiettivi che noi tutti ricerchiamo – e che possono spiegare il ruolo di un bicchiere o due di vino nell’applicazione pratica dei risultati della ricerca di Dunbar.
E comunque t‘is the season to be jolly.
Buon Natale!