Neuroscienza&Quotidiano

Il lato benefico dello stress

Come possiamo fronteggiare al meglio lo stress per incidere sulle nostre performance?

La risposta allo stress non dipende tanto dall’agente stressante quanto dalla risonanza psicologica personale.
Quindi non è tanto l’evento in sé che stressa, quanto le nostre capacità per fronteggiarlo.

Scopriamo come.

Il lato benefico dello stress: la curva a U

In tutti gli individui esiste una correlazione tra la prestazione e il livello di attivazione delle risorse fisiche ed emotive.
Questa correlazione è rappresentata dalla curva dello stress di Yerkes -Dodson.

Questa curva mette in relazione la quantità di energia motivazionale, chiamata “arousal” o “attivazione” che una persona dimostra rispetto ad un compito che dovrà svolgere. L’idea di base è che a bassi livelli di attivazione, le persone non hanno grandi risultati perché non sono abbastanza motivate a fare molto.
Questo aiuta a spiegare perché essere totalmente senza stress può generare pigrizia o compiacimento, e anche, viceversa, perché alcuni dei giorni più produttivi sono quelli in cui si ha poco tempo e tante cose da completare.
Con l’aumento dell’attivazione, le prestazioni tendono a migliorare ma solo fino a un certo punto. Infatti, quando i livelli di eccitazione sono eccessivi, le prestazioni iniziano a calare. Essenzialmente, quando hai troppa energia, non puoi concentrarti. Lo stress diventa opprimente e passi da un’attività all’altra senza essere in grado di concentrarti.

Come ci posizioniamo nella curva a U

Tutti noi ci posizioniamo in questa curva in maniera diversa. Ci sono persone che si avvicinano al picco della loro curva senza che accadano circostanze particolari nelle loro vite – non hanno cioè bisogno di molte sollecitazioni per sentirsi “carichi”. Queste sono persone che lavorano in modo produttivo anche quando mancano settimane ad una scadenza.
Altre persone, per natura, sono a basso livello di attivazione. Queste sono quelle che iniziano a nuotare solo quando l’acqua raggiunge la gola, sono quelle che preparano la valigia 30 minuti prima di partire per l’aeroporto.

L’eccitazione derivante dallo stress influenza ciascuno di queste tipologie di persone in modo diverso.

Le persone con elevati livelli di attivazione potrebbero finire per superare velocemente il picco sulla curva. Le persone a bassa attivazione, d’altra parte, generalmente potranno trarre beneficio dallo stress. Man mano che lo stress si accumula, saliranno vicino a quel punto ottimale e si sentiranno stimolati a fare le cose. Loro ci mettono più tempo per spingersi oltre e sentirsi sopraffatti.

Performance e Stress Positivo

Se confrontiamo quindi le nostre performance in relazione al nostro stato di attivazione ci rendiamo conto che è necessario uno stato di stress buono, un arousal ottimale, per garantire una buona performance.
Uno stato di attivazione ottimale, ovvero una forma di stress positivo, allena infatti la nostra capacità di adattamento psico-fisico a un determinato compito. Questo stato di attivazione, corrispondente all’apice della curva, è una forma di energia utilizzata per essere in grado di raggiungere più facilmente un obiettivo; è lo stress positivo (eustress), quello che ci consente di dare il massimo, ma sempre rimanendo dentro alle nostre capacità emotive, fisiche e psicologiche.
Per fare un esempio avvertiremo questo stato di attivazione ogniqualvolta siamo chiamati a dare il meglio di noi in una prestazione lavorativa, sportiva, o relazionale. Lavorare molto quando l’attività è gratificante diventa una esperienza euforizzante: si è stanchi ma soddisfatti. Quando invece gli stimoli stressanti continuano oltre il picco e l’attivazione organica cresce, ecco che questo incide sulle nostre risposte e causa tutta una serie di sintomi emotivi, fisici e psicologici che possono compromettere le nostre prestazioni cognitive (ci rendono confusi e disorganizzati).

Ora sappiamo che non tutto lo stress viene per nuocere e che può diventare, invece, uno strumento di crescita e di sviluppo.

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