Cimba MBA students a scuola di etica e whistleblowing con Francesco Zambon
Francesco Zambon è laureato in medicina, ha conseguito il dottorato in scienze della programmazione, ha lavorato per l’OMS come coordinatore dei ricercatori e, prima, nel 2007, è stato uno studente CIMBA. Ma sopra ogni cosa, Francesco Zambon è un whistleblowing.
Per primo ha segnalato che l’Italia non aveva un piano pandemico aggiornato per affrontare la pandemia. Questa sua azione ha innescato una serie di conseguenze dolorose, tra cui ritorsioni, che lo hanno colpito sia sul piano professionale che su quello personale e umano. Ad oggi sono ancora in corso le indagini che, auspica, lo potranno riportare ad una vita normale.
Lo scorso 4 giugno Francesco è stato guest speaker in una lezione del programma MBA al Campus Cimba. Il topic: etica e whistleblowing, il ruolo di coloro che fanno segnalazione nelle organizzazioni a tutela della verità e della giustizia.
Tutto parte dalla sua storia, quale è l’inizio?
«Mi è stato assegnato il compito di effettuare una ricerca sul modo in cui l’Italia, il paese più colpito da Covid, ha gestito la pandemia, per poter fornire anche agli altri Stati delle indicazioni su come comportarsi per evitare quello che stava accadendo da noi. La pubblicazione è uscita il 13 maggio del 2020. Ho segnalato che il piano pandemico, cioè lo strumento programmatico per fronteggiare la pandemia in Italia era vecchio di 15 anni. Per questa frase, la pubblicazione è stata bloccata e in 24 ore è stata ritirata da colui che avrebbe dovuto aggiornare il piano pandemico. Questo è conflitto di interesse oltre che violazione etica.
Ho segnalato la cosa ai superiori dell’Oms. L’organizzazione non si è schierata dalla mia parte, ma ha fatto di tutto per buttarmi fuori, nonostante lavorassi con loro da 13 anni, sempre con una reputazione irreprensibile. Mi sono dimesso e la cosa è diventata uno scandalo di portata mondiale: è emerso che l’Oms deve sottostare alla volontà dei governi».
Cosa è successo poi?
«È cominciato un periodo durissimo. È una cosa che mi ha cambiato completamente la vita, sto affrontando sette cause pendenti molto costose. Ho perso tutto, ho dovuto mettere in vendita la mia casa per pagarmi il mutuo, mi sono ritrovato senza soldi, passando da uno stipendio da 8 mila euro netti al mese a 0, non è stato facile, ma ho avuto tantissima solidarietà da cittadini di tutto il mondo.
Dal primo giugno lavoro a Treviso, per Ulss2, dopo 14 mesi di fermo. Riparto dallo stesso territorio da cui sono ho cominciato. Non è stato facile reinserirsi nel mercato del lavoro. È il prezzo che le persone come me pagano.
Per lasciare la mia testimonianza, ho pubblicato anche un libro edito da Feltrinelli “Pesce piccolo una storia di virus dei segreti”».
Tornando indietro rifarebbe la stessa cosa?
«Non potrei fare diversamente».
Il connubio etica e business può esistere?
«Credo che sia un po’ utopico, lo dico a malincuore perché io lavoro nel settore sanitario e dovrebbe essere l’unico settore dove questi due aspetti dovrebbero coesistere. Ma ho avuto modo di capire che non è così, almeno nell’Oms. L’ufficio di etica dell’organizzazione, che dovrebbe garantire i più alti standard etici, ha gestito il mio caso con una serie di illeciti franchi e impuniti. Lo stesso ufficio ha coperto degli abusi sessuali commessi da 21 persone dell’Oms in Congo durante una missione per combattere l’ebola. Il rapporto è stato rilasciato lo scorso settembre. Su questo doveva vegliare proprio quell’ufficio.
Questi scandali vengono alla luce, ma poi nessuno fa niente. Io, per esempio, sono diventato un nome tabù non ho ricevuto solidarietà da nessuno dei 5mila dipendenti al mondo, nessuno mi ha mai contattato. Esprimere solidarietà a me significava prendere una posizione netta e nessuno ha osato farlo. Una cosa che neanche io mi aspettavo».
Come si sente ora?
«Mi sento come un pezzo di ghiaccio, che può ancora essere scalfito, ma prima di scaldarlo e tornare a sentire qualcosa passerà del tempo. Sono passati due anni e sono stati anni di dolore puro, tradimenti, notizie sempre brutte, una vita d’inferno.
Quando ho dato le dimissioni mi hanno detto: ricordati sempre che tu puoi avere delle risorse ma l’Organizzazione ha risolse illimitate e ti distruggerà. E così è stato.
Io ho la coscienza a posto e faccio sonni tranquilli, mi dispiace che i sonni tranquilli li facciano anche i colpevoli. L’unico che ha pagato per questa storia sono io, gli altri sono ancora al loro posto».
In Cimba, alla classe MBA lei ha tenuto una lezione partendo dal suo caso specifico. Che ruolo ha avuto questa scuola nel suo percorso?
«Ho dei bellissimi ricordi di Cimba e dico sempre che l’MBA è stato fondamentale per il lavoro che sono andato a fare, in Oms mi occupavo di project management in progetti internazionale. Conoscere le soft skills da parte dei medici eviterebbe molti disastri, ma l’Italia non è ancora pronta a cambiamenti curriculari».