CIMBA MBA, intervista a Emanuela Gris
“It’s all about people”. Fu, subito dopo il suo nome, quello che scrisse Dr. White alla lavagna il primo giorno di Organization of the Firm. Sinceramente non ne capii il senso, lì per lì. (…) Il metodo, la conoscenza, l’intelligenza non bastano a creare il risultato auspicato. Il cuore reale sono le persone, l’organizzazione, le relazioni e dinamiche che si creano attraverso scelte di struttura e grazie alla qualità intrinseca di ognuno, che possono davvero… confermare o ribaltare il risultato.”
Questo è un estratto dell’intervista a Emanuela Gris, ex studentessa MBA e membro della nostra CIMBA FAMILY. Emanuela lavora da sempre nella consulenza e oggi è Salesforce Senior Customer Success Manager in Isobar.
Ci racconta, con piglio ironico, della sua esperienza in CIMBA e del suo lavoro con l’ironia che la contraddistingue. Un’intervista da leggere tutta d’un fiato e da cui trarre tutta l’energia per sviluppare la parte migliore di noi stessi.
Buona lettura!
- Come è andata la tua esperienza al Campus CIMBA?
É iniziata quasi magicamente, con una lettera inattesa che mi invitava all’intervista con Dr. Ringleb.
Da lì è iniziato un anno spettacolare in un mondo parallelo, di studio, interazione continua con gli insegnanti, i compagni di classe e nelle esperienze di stage – nel mio caso in Fashion Box, brand Replay. Ma anche un anno di sano divertimento tra Asolo, Lubiana e, all’epoca, Clemson University. Di certo non ci siamo annoiati. Ricordo visite aziendali notevoli: GE, Ferrari, BMW, una centrale nucleare…
- Cosa è successo dopo la Graduation?
Nell’immediato, una settimana di fuga in Florida con la mia roommate Anna, a bordo di una Mitsubishi Eclipse rossa fiammante e i Megadeth a palla dalle casse. Scherzi a parte, finalmente il mio cv, che già includeva la laurea in Economia e Commercio a Ca’ Foscari e un anno come exchange student a UCLA, ha iniziato a trovare risposta presso multinazionali. Et voilà.
- Completa la frase: CIMBA mi ha consentito di...
… trovare opportunità di carriera diverse da quelle che ero riuscita a ottenere, e a fatica, dopo la laurea, tanto più in un mondo in cui i cv viaggiavano via posta fisica e gli indirizzi si trovavano su pubblicazioni specializzati o, più semplicemente, applicando un po’ di creatività nella ricerca sugli elenchi telefonici, andando alla SIP.
- Se guardi alla tua carriera, di che cosa sei più orgogliosa?
Di non aver mai smesso di imparare, di non aver mai pensato: ecco, ho finito, questo è il mio angolo, d’ora in poi farò questo. Che in realtà può essere un’ambizione, anzi, può essere la base della propria peace of mind, ma non è quello che penso farebbe bene a me. Ho sempre lavorato in consulenza – PwC, Arthur Andersen, Deloitte, Merkle – dove la varietà è l’unica costante: i clienti cambiano, i team di lavoro cambiano, i progetti non sono mai uguali, la logistica cambia, e magari capita di sparare al cliente slide fondamentali appoggiati a un bidone in qualche stazione, o essere quelli con il naso nell’excel in aereo. Oltre ad aver potuto lavorare per industry molto diverse tra loro, clienti privati e pubblici, mercato ampio e luxury, ho accumulato esperienza in service line differenti, per certi versi anche opposte: da progetti di strategia, M&A, passando per organizzazione, compliance, implementazione e grandi trasformazioni business e digitali. Un po’ come risolvere le parole crociate, insomma, acquisendo punti di vista diversi, complementari o addirittura opposti.
- C’è una parola chiave / un valore / un insegnamento imparato durante l’esperienza in CIMBA che applichi quotidianamente nella tua professione?
“It’s all about people”. Fu, subito dopo il suo nome, quello che scrisse Dr. White alla lavagna il primo giorno di Organization of the Firm. Sinceramente non ne capii il senso, lì per lì. Mi sembrava un’affermazione generica, di cui non colsi il significato profondo, visto che il mondo che conoscevo era per lo più quello accademico: regole, conoscenza, capire. Un mondo spesso binario, in cui ci sei o no, la capisci o no. Ma non è proprio così. Il metodo, la conoscenza, l’intelligenza non bastano a creare il risultato auspicato. Il cuore reale sono le persone, l’organizzazione, le relazioni e dinamiche che si creano attraverso scelte di struttura e grazie alla qualità intrinseca di ognuno, che possono davvero… confermare o ribaltare il risultato.
Dalla storia di Dr. Ringleb ho subliminalmente imparato moltissimo. Se non la conoscete, fatevela raccontare. Inizia con qualcosa che deve attraversare l’Atlantico. Ma niente spoiler. Tante lezioni, che riassumerei con sbagliando si impara, l’informazione è fondamentale”, mai avere paura di sporcarsi le mani, mai avere paura di un’idea che nessun altro ha ancora avuto.
E, ancora: mai farsi fregare. Controllare sempre per prima cosa la legenda di un grafico.
- Guardando il tuo CV emerge una grande dote: la flessibilità. È tutta questione di DNA o ha inciso anche il tuo percorso formativo ed esperienziale?
Credo che la base siano curiosità e allergia alla continuità. Nasco italiana d’importazione veneta a Bolzano, quindi diversa by design, e forse questo mi ha subito portata a cercare di capire quello che non mi è identico, a sapere che io per prima non sono uguale, che la storia determina contesti che prescindono dalla volontà del singolo, e che non esiste appartenenza pura, quanto piuttosto integrazione – che è un lavoro, non un punto d’arrivo. Aggiungi che sono figlia unica e miope, quindi credo nativamente portata all’analisi e alla scoperta. Poi, credo per naturale conseguenza, le scelte, volute o del fato, mi hanno spesso portata sulla road less traveled. E quindi impari a pedalare su percorsi nuovi. Credo anche al potere dello sport e delle attività collaterali: la prima cosa che guardo in un cv sono le ultime righe, perché suggeriscono qualcosa spesso di più importante di quei voti e passaggi che tutti lustrano nei primi paragrafi.
- Hai preso il diploma dell’MBA CIMBA nel 1998 e hai cominciato a lavorare da subito come consulente, come sono cambiate le dinamiche professionali, in termini di relazione con i clienti e obiettivi, da allora ad oggi?
Al colloquio in Coopers & Lybrand, già member firm of PwC, ci misero davanti un foglio A4 con un grande cerchio, e un altro con una lista di possibili attività durante una giornata di lavoro. Dovevamo farne una pie chart del tempo lavorativo, ripartito in quelle attività. Ci hanno poi mostrato la reale riaprtizione, per darci la percezione atteso vs realtà. Una delle attività era “stampe e fotocopie”, e ricopriva un certo spicchio di quella pie. Non c’era ancora il servizio duplicating, e facevamo tutto, dalle analisi di mercato mondiale per una due diligence alla preparazione, con l’aiuto delle preziose segretarie, dei report rilegati con la spirale, alla preparazione dei “lucidi” (see: wikipedia) stampati a colori che mettevamo, pesantissimi insieme al proiettore, nella borsa che ci uccideva la spalla in aeroporto, a sciogliere la ceralacca – ma questo si fa ancora, in qualche caso – per la consegna delle offerte per le gare pubbliche.
Ora quel tempo “fotocopie” fisiche è ovviamente diminuito, ma può convertirsi in tempo slide, formattazione, ricerca della perfezione grafica ed espositiva, che è un elemento fondamentale, quanto il contenuto di un messaggio al cliente.
E certo: i clienti, il mercato, sono sempre più esigenti. La concorrenza è certamente aumentata, l’asticella si è alzata su livelli di qualità e velocità crescenti, la rosa dei servizi di consulenza si è ampliata, e in alcuni casi le medesime aziende sono sempre più attrezzate internamente. Sicuramente l’evoluzione digitale ha influito moltissimo, per non dire che ha (s)travolto gran parte della consulenza, ormai indissolubilmente, o quasi, legata al mondo informatico, che non è più supporto, quanto abilitatore strategico.
- Puoi dare un consiglio a chi aspira ad intraprendere un percorso come il tuo?
Non avere paura, anche di “fare le fotocopie” o di fare qualcosa che non sembra pertinente al proprio percorso. Soprattutto all’inizio, con una laurea in un’università prestigiosa e dopo il master, può essere difficile fare qualche passo indietro, o laterale, in altra direzione magari non cercata, e avere chiaro che non tutto è strategia e grandi pensate universali. Ma non si butta nulla, anzi: è davvero tutta esperienza, e sperimentare, capire il dettaglio, sbattere la testa in quello che pare più difficile o talora meno interessante migliora la helicopter view.
E ancor più lo dico alle ragazze, da mamma di due teenager, visto che per molte il dubbio prima o poi si presenterà: fin dove spingere? Sono del parere che, volendo, un modo si trova – ognuno deve trovare il suo equilibrio, ognuno ha i suoi tempi, e non esiste una regola aurea – ma non è necessariamente vero che, se si desidera e davvero succede di diventare madri, ci si trova per forza di fronte a un aut aut di lungo termine rispetto al lavoro. Una cosa alla volta, si fa tutto o quasi; certamente non è facile e bisogna organizzarsi, e bene. Soprattutto quando sei a Napoli a un tavolo di 40 uomini che ti guardano mentre rispondi al telefono e la scuola ti dice che c’è da andare a prendere una bambina. La vedo così, un po’ Litfiba-style: in equilibrio sul rasoio io resisto fino in fondo. In bocca al lupo a tutti!