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Cervello categorizzatore dei colori? Ecco come.

Una nuova ricerca pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” ha stabilito che il nostro cervello categorizza i colori in una specifica regione dei lobi centrali, il giro frontale mediale, mentre altre zone, come la corteccia visiva, hanno il compito di rilevare le differenze di tonalità tra le diverse sfumature cromatiche.

Per comprendere meglio, basti pensare alla difficoltà che abbiamo quando dobbiamo scegliere una tra le tante sfumature di uno stesso colore.

Questo perché la nostra mente riesce a comprendere in un certo numero di categorie discrete un insieme di colore, nonostante a livello fisico i colori corrispondano a diverse lunghezze d’onda dello spettro della luce visibile.

Nell’ambito delle scienze cognitive, molti ricercatori hanno cercato di comprendere la natura e l’origine di queste categorie di colore, dando vita a un dibattito tra chi ritiene che abbiano un substrato biologico e chi invece sostiene che si tratti di costrutti linguistici convenzionali, elaborati culturalmente.

L’opportunità di risolvere la questione è arrivata con le tecniche di imaging cerebrale, in grado di evidenziare le aree cerebrali attivate mentre il soggetto è impegnato in un certo compito.

Se le categorie di colore fossero solo rappresentazioni linguistiche, l’attivazione riguarderebbe la regione temporo-parietale posteriore, deputata all’elaborazione del linguaggio. Se invece fossero rappresentazioni sensoriali o percettive, sarebbe coinvolta la corteccia visiva, mentre se fossero rappresentazioni di altre facoltà, per esempio quelle cognitive, si vedrebbe l’attivazione di altre aree nei lobi frontali, e così via. Un’ultima possibilità è che le categorie di colore siano rappresentate grazie all’interazione di diverse facoltà e quindi con l’attivazione di diverse regioni cerebrali.

In quest’ultima ricerca, Bird e colleghi hanno studiato mediante risonanza magnetica funzionale gli schemi di attivazione di diverse aree del cervello di alcuni volontari alle prese con una serie di test in cui occorreva giudicare la somiglianza o l’identità di alcuni colori che si presentavano sul monitor di un computer. L’ipotesi alla base del test era che i neuroni deputati alla categorizzazione dei colori si sarebbero attivati solo quando il soggetto percepiva due colori molto diversi, per esempio blu e verde, e non due sfumature cromatiche dello stesso colore.

Analizzando i dati raccolti, gli autori hanno concluso che la categorizzazione dei colori è associata a un’attivazione del giro frontale mediale, e in misura minore, del cervelletto. È in queste regioni, infatti, che si registrava un’attivazione in risposta alla percezione di colori di differenti categorie maggiore rispetto al caso di colori della stessa categoria.

Ciò indica che la categorizzazione non dipende dalle rappresentazioni linguistiche né da quelle visive, ma da processi cognitivi, e in particolare dal tipo di attenzione selettiva denominata top-down, che riguarda tutti gli input sensoriali selezionati in modo volontario dalla mente.

Un dato rilevante è che l’attivazione di questi neuroni non è legata alla differenza di tinta tra i due colori percepiti: ciò significa che queste regioni sono deputate solo a rappresentare i colori secondo le categorie, cioè non sono basate su una “metrica” della differenza di tonalità tra due colori. Per contro, la corteccia visiva risponde solo alle differenze di colore e non alle categorie.

(articolo tratto da lescienze.it)

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