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Che cosa fa il COACH?

In questi ultimi dieci anni la necessità di stare al passo con i cambiamenti quotidiani richiesti dal mondo del lavoro ha dato sempre più importanza anche in Italia al coaching. Molte aziende vedono in esso la soluzione per fare cambiare i collaboratori nella direzione auspicata, in linea con le esigenze lavorative.

Il manager non sa fare squadra? Mandiamolo a fare coaching. Il caporeparto non sa ascoltare? Il coaching è la soluzione. La persona appena promossa a business unit director è un ottimo tecnico ma la parola motivazione è estranea al suo vocabolario? Un buon coach tirerà fuori il motivatore che è in lui. Il coaching dunque come la panacea di tutti i mali.

Sarai anche d’accordo nel dire che la parola coaching è alquanto abusata oggigiorno. C’è pure uno spot alla TV dove uno shampoo viene presentato come il coach dei capelli.

A questo punto uno si chiede “ma che cosa vuol dire coaching? Che cosa fa un coach?

Nella mentalità comune il coach è colui che insegna un qualche cosa, che ti aiuta a raggiungere, con la sua guida e i suoi suggerimenti, un certo traguardo. Questo ha un suo senso, se ci riferiamo al coaching nato in ambito sportivo negli Stati Uniti negli anni ’70.

Se spostiamo la parola coaching nell’ambito della crescita personale e dello sviluppo della leadership, molto più recente rispetto a quello sportivo, questa comune accezione è un po’ fuorviante e pericolosa.

Per fortuna c’è l’International Coach Federation (ICF), ente internazionale che accredita i coach e che assicura determinati standard di qualità.  

L’ICF ci dice che il coach non deve dare al coachee consigli e suggerimenti; non deve insegnare nulla. Se lo fa, è un motivo sufficiente per essere radiato dal mondo ICF.

Occorre quindi fare una precisa distinzione tra un coach e un formatore, un trainer oppure un mentore, che trasmettono la loro conoscenza e il loro sapere agli altri.

E allora il coach che cosa fa?

Il coach utilizza una metodologia particolare di comunicazione dove, attraverso un ascolto molto intenso, il ripetere, il sintetizzare, il chiarire e il fare domande “potenzianti” (cioè aperte e che spingono l’altro a riflettere in maniera più approfondita), aiuta il coachee a:

– capire ciò che è veramente importante per lui

– identificare un possibile obiettivo da raggiungere su cui focalizzarsi

– individuare un piano di azione per arrivarci

– fermarsi e riflettere su che cosa può imparare su se stesso, proprio grazie al percorso che sta facendo nel raggiungere l’obiettivo.

Di sessione in sessione il coach aiuta il coachee a rivedere le sue azioni e l’impatto che stanno avendo nella sua vita e in quella delle persone a lui vicine. Questo diventa un potente catalizzatore di consapevolezza personale e di cambiamento.

Nel coaching di CIMBA tutto questo viene amplificato grazie agli strumenti di bio-feedback, che consentono di mettere a confronto la percezione soggettiva della persona con quella che è stata la risposta fisiologica del corpo in situazioni di stress e di vicinanza emotiva con gli altri.

Può anche succedere che il coachee non voglia creare alcun piano di azione ma preferisca utilizzare il suo coach come un “sounding board” (cassa di risonanza), ovvero come una sorta di specchio che, attraverso il processo di coaching, aiuta a sviluppare nuove idee e nuovi modi di interpretare le situazioni.

Ecco che allora nel coaching non esiste una scaletta di argomenti da trattare o un percorso prestabilito da seguire. La conversazione si sviluppa in relazione a quello che il coachee mette nel piatto, momento dopo momento; il coach diventa per il coachee una guida non guida, verso l’esplorazione di nuovi modi di vedere se stessi e i propri rapporti con gli altri.

Quali sono gli obiettivi più frequenti che i coachee di CIMBA scelgono per il loro percorso di coaching? Sono abilità di leadership che portano anche alla crescita personale, quali ad esempio: saper ascoltare, esprimere le proprie idee, dare e ricevere feedback in maniera efficace, conoscere meglio i propri punti di forza e aree di miglioramento, creare empatia, motivare e ispirare gli altri a dare il meglio di loro stessi.

Non importa il ruolo professionale che una persona ha in azienda. Sia che si tratti di un manager che gestisce il lavoro di altri, sia che si tratti di una persona che fa parte di un team di lavoro, sapersi relazionare in maniera efficace diventa un prezioso trampolino di lancio per vivere meglio in generale e per avere maggiori soddisfazioni al lavoro.

Nella mia esperienza di coach ho visto molti manager e professionisti capaci che non riuscivano ad ottenere ruoli di maggiore responsabilità proprio perchè avevano difficoltà nelle relazioni interpersonali e nel fare crescere le persone.

Spero che questo articolo ti abbia aiutato a chiarire il significato legato alla parola coaching.

Che cosa ti ha colpito di più? Che cosa ti farebbe piacere approfondire? Scrivilo per favore nei commenti. Questo aiuterà me e tutti i lettori a fare chiarezza rispetto a questa bella professione, diventata ahimè sempre di più anche una giungla.

Katiuscia Baggio
LIFE and eadership trainer, coach

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