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Parliamo di Coaching con la Dott.ssa Katiuscia Baggio

Come ti sei avvicinata al coaching?

Nel 2006 CIMBA, dove già lavoravo dal 2001, mi ha proposto di seguire un corso di formazione per diventare coach in una scuola internazionale di Londra, il “Neuroleadership Instititute”, dove si utilizzava un approccio “brain based”, ovvero legato alle neuroscienze e a come funziona il cervello in situazioni di stress e di cambiamento.

Accettai subito con piacere. Si faceva sempre più chiara in me la convinzione che l’area professionale dove avrei voluto focalizzarmi era quella dello sviluppo professionale e personale, facce di una stessa medaglia. Intraprendere questa strada dava anche più valore alla mia laurea in Scienze dell’educazione e mi riavvicinava a quelle scienze umane da me sempre amate quali la pedagogia, la psicologia, lo sviluppo del potenziale, ecc.

Frequentai il primo corso, per poi seguirne altri e specializzarmi nell’executive coaching, sempre con la stessa scuola di Londra, per un arco di tempo di 5 anni, fino al conseguimento della certificazione con l’International Coach Federation (ICF) prima come Associate Certified Coach nel 2002 e poi come Professional Certified Coach nel 2007.

Cominciai così a fare attività di coaching con le varie tipologie di clienti CIMBA, ovvero studenti universitari americani, partecipanti al master in business administration, manager, imprenditori e aziende, sia in lingua inglese che in italiano.

Dopo qualche anno, cominciai anche a formare, con la collaborazione di altri colleghi, i coach interni di CIMBA, per poi lanciare nel 2017 il primo corso di formazione CIMBA aperto al pubblico per futuri coach, accreditato ICF. Il corso si tenne in lingua inglese, con 17 partecipanti provenienti da Canada, USA, Italia, UK, Slovenia e India. Fu un’esperienza incredibile. Ora siamo pronti per l’edizione in italiano!

Quali sono gli obiettivi del coaching e quali sono gli obiettivi che un coach esperto aiuta a raggiungere?

Gli obiettivi del coaching variano a seconda di chi è il coachee, della sua storia e delle sue esigenze formative. Uno dei principi cardine di ICF è quello di fare sempre in modo che sia il coachee a decidere che cosa vuole raggiungere attraverso le sessioni di coaching e a come fare per arrivarci. Il coach è dunque il facilitatore che aiuta la persona a fare chiarezza su che cosa è importante ottenere in una determinata fase della propria vita e a delineare il piano di azioni da fare per arrivare alla meta.

Laddove sia l’azienda che manda la persona a fare sessioni di coaching gli obiettivi da raggiungere vengono concordati a tre, ovvero tra il coach, il coachee e lo sponsor.

Esempi di obiettivi ricorrenti sono: aumentare la sicurezza in se stessi, riuscire a essere un buon team leader, diventare un buon comunicatore, creare relazioni migliori con gli altri, utilizzare il proprio potenziale…Il coach aiuta dunque a diventare la persona migliore che si possa essere. Non è un caso che il pay-off di CIMBA sia #beyourbest

Nella metodologia di coaching di CIMBA si aiuta la persona a lavorare su obiettivi che siano relativi allo

sviluppo di abilità di relazione interpersonale e di leadership, che consentono poi di ottenere anche altri traguardi, sia professionali che personali. Ad esempio, se un coachee chiede al coach di avere come obiettivo nel coaching quello di ottenere una promozione al lavoro, il coach aiuterà la persona a lavorare sui modi di pensare e sui comportamenti da mettere in atto per arrivare alla promozione.

Data la forte influenza delle neuroscienze nell’impianto didattico e metodologico di CIMBA, il coach aiuta la persona ad utilizzare le risposte emozionali e istintive del cervello a proprio vantaggio, ovvero integrandole in comportamenti funzionali alla propria crescita personale e alle relazioni con gli altri.

Spesso il cervello, specie in situazioni di cambiamento e di tensione, ci porta a reagire in modi che ci fanno chiudere in noi stessi o comunque che ci portano a ripetere comportamenti di difesa già messi in atto in precedenza, senza cogliere così opportunità di crescita o di migliori relazioni con l’altro.

Grazie anche all’integrazione di strumenti di biofeedback nel percorso di coaching, il coachee può vedere quali siano state le proprie risposte fisiologiche in determinate situazioni di stress e di vicinanza emotiva con gli altri, mettendo così a confronto tali reazioni con la propria percezione soggettiva.

Diventare coach per fare la differenza, in che ambito?

Con l’attività di coaching si può fare la differenza per gli altri sia nell’ambito personale che professionale. Si diventa un catalizzatore di crescita e di cambiamento per il coachee, che allenandosi per esempio a dare il meglio di sè al lavoro, metterà in atto comportamenti virtuosi anche in famiglia.

Amo il coaching perchè dà modo alla persona di decidere da sola che cosa ottenere e la strada da seguire per arrivarci, dando così testimonianza di un principio importante nel mondo dell’educazione e dello sviluppo personale, ovvero tutti noi abbiamo al nostro interno “un tesoro”, che spesso utilizziamo nella nostra vita solo in minima parte. Rendersi conto di questo è una grande soddisfazione.

Per me fare la differenza come coach vuol dire aiutare la persona a entrare in contatto con quel “tesoro”.

Quanto conta il coaching in ambito aziendale?

Conta molto. Non è un caso che la figura del coach sia sempre più richiesta.

Attraverso sessioni di coaching si possono raggiungere più risultati che non attraverso la sola formazione in aula, proprio perchè non si insegna ma si aiuta la persona a “mettersi in moto”, attraverso azioni e riflessioni personali, per raggiungere ciò che è importante per lui. Le sessioni di coaching diventano così un viaggio di autoscoperta e di crescita, più che un “devo fare questa cosa perchè l’azienda me lo chiede”.

Che caratteristiche deve avere un buon coach?

  • Deve saper ascoltare e mettere da parte la tentazione, presente in tutti noi, di volere dare consigli e soluzioni preconfezionate.
  • Deve essere il più possibile nel qui ed ora, centrato, presente nella sessione, in modo tale da riuscire ad ascoltare il coachee non solo rispetto a quello che dice ma anche rispetto alle cose non dette.
  • Deve saper stare in silenzio e dare spazio al coachee per pensare.
  • Deve avere il coraggio di sfidare il coachee, se necessario.
  • Deve essere sintetico e succinto nel suo modo di esprimersi.
  • Deve amare la relazione con l’altro e le dinamiche tipiche di una sessione di coaching.

Katiuscia Baggio, 15 ottobre 2019

KatiusciaBaggio
ICF Professional Coach, formatore nell’area leadership e sviluppo personale

Ha una laurea in scienze dell’educazione ad indirizzo “esperto nei processi formativi aziendali”, conseguita all’Università di Padova. Ha un master post laurea in Business Administration (MBA) conseguito alla University of Kansas, USA, in collaborazione con CIMBA Italy, scuola di business americana e consorzio di 36 Università americane. Si è formata poi come executive coach presso la scuola Results Coaching System di Londra (ora Neuro-Leadership Institute), ottenendo la certificazione dall’International Coach Federation (ICF), prima come ACC nel 2009 e poi come PCC nel 2017. Katiuscia è leadership trainer e coach dal 2007; per più di 14 anni è stata anche responsabile dell’area executive education di CIMBA Italy. Ha lavorato con persone e aziende a livello internazionale, svolgendo la sua attività di formazione e di coaching sia in lingua italiana che in inglese, in Italia e all’estero. I suoi utenti principali sono stati studenti universitari americani, partecipanti al Master of Business Administration, aziende, manager, leadership trainer e aspiranti coach. Katiuscia ama viaggiare, andare in montagna e dedicarsi al suo “hobby” principale, lo sviluppo personale.

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